Meditazione, contemplazione e gioia di lavorare
Le pratiche della meditazione e della contemplazione originano da sentieri sapienziali antichi e dalle principali tradizioni spirituali dell’umanità. Oggi, la mole di ricerche e la crescente attenzione scientifica rivolta allo studio della loro efficacia ne attesta i benefici per il corpo e la mente, rendendole risorse secolarizzate accessibili in vari contesti.
Pensiamo alla mindfulness, alle forme di meditazione dello yoga o alle pratiche delle grandi tradizioni spirituali. L’offerta e possibilità di praticare la meditazione in varie forme e ambiti – inclusi gli ambienti di lavoro – ne fanno strumenti per ridurre lo stress, raggiungere il benessere e una migliore qualità della vita. Moda o anelito verso l’ampliamento della coscienza di sé, degli altri, del mondo?
Scopo della meditazione è la piena consapevolezza del momento presente. La si può praticare in vari modi con l’attenzione rivolta alla propria interiorità o al proprio sé immerso nell’ambiente circostante. Quando praticata con costanza e impegno si possono ottenere benefici importanti:
- la mente si acquieta,
- migliora la capacità di attenzione e di concentrazione,
- vi è un riequilibrio di funzioni fisiologiche che rivitalizzano il corpo,
- si rafforza la risposta immunitaria e la capacità di risposta allo stress.
Un semplice modo di meditare è osservare la propria esperienza così come si dispiega momento dopo momento oppure concentrando l’attenzione sul respiro riportandovela dolcemente qualora vi siano distrazioni, senza soffermarsi su eventuali pensieri o sensazioni emergenti (piuttosto lasciando che vengano e vadano) o anche ripetendo interiormente una parola o breve frase che evoca benessere (Herbert Benson, Harvard Medical School).
Si accede a stati contemplativi con il silenzio interiore, “dimorando” nel proprio sé, nella propria essenza autentica.
Scriveva Marco Aurelio:
«Rifugiatevi nel centro più recondito e testimoniate il sapere “io sono”, siate semplicemente. Questa è la benedizione dell’essere».
Anche un contatto in piena consapevolezza con la natura avvicina alla riconnessione con l’essere autentico e con la totalità dell’esistente.
La gioia che emerge è connessa dunque al lavoro inteso come territorio di libertà e di realizzazione di sé, come espressione e attuazione delle potenzialità personali, della propria unicità. E’ un sentimento autogenerato, incondizionato, connesso al piacere intrinseco esperito nell’attività svolta e a una disposizione equanime che consente di svolgere con contentezza anche le giornate di lavoro più ordinarie e gli affari della vita così come si svolgono momento per momento (Maslow).
Il poeta indiano Rabindranath Tagore in La vera essenza della vita (Sādanā) descrive la tendenza alla realizzazione di sé come desiderio di rivelare se stessi con vigore attraverso la propria vita e le proprie opere. L’incontro intimo nella meditazione con i propri valori, con il senso e significato esistenziale che il lavoro riveste nella propria vita rende possibile conciliare produttività, successo lavorativo ed economico, da un lato e allineamento fra aspirazioni personali e dedizione al lavoro, gioia e spirito di servizio, dall’altro, in una tensione verso il sommo bene oltre il quale, come affermava Seneca, non può esserci alcun fine ulteriore.
Riferimenti bibliografici
Benson H. (1997), Credere per poter guarire. Quando la scienza medica incontra la meditazione e la preghiera, Sperling & Kupfer, Milano.
Marco Aurelio, Colloqui con se stesso,
Maslow A. (1962), Toward a psychology of being, D. Van Nostrand Co.; trad. it. Verso una psicologia dell’essere, Astrolabio, Roma, 1971.
Maslow A. (1970), Motivazione e personalità, Fabbri, Milano, 2007.
Seneca, Sulla felicità,
Tagore R. (1913), Sadhana. The meaning of life; trad. it. La vera essenza della vita (Sadhana), Guanda, Milano, 1988.
Autore: Katerina Anagnostopoulos